Seven Men From Now

Riporto qui le voci originali relativi ai film dei registi western da me scritte oramai quasi quattro anni fa, per le edizioni del Dizionario del western americano 1899 – 2022, edito da Gremese. Questo succede perché le mie voci sono state assurdamente tagliate o addirittura cambiate. Inizio con Budd Boetticher e il suo stupendo Seven Men From Now – I sette assassini del 1956. Tagliato di quasi 2/3.

Seven Men from Now (I Sette Assassini) del 1956, è il primo film western della serie con Boetticher regista e Randolph Scott attore. Di questi sette film quattro sono sceneggiati da Burt Kennedy e sono: Seven Men from Now, The Tall T (I tre banditi) del 1957, Ride Lonesome (L’albero della vendetta) del 1959 e Comanche Station (La valle dei Mohicani) del 1960. Protagonisti: quattro uomini e una donna.
Lo sceriffo Stride-Randolph Scott vuole trovare i sette rapinatori assassini che a Silver Spring hanno ucciso
sua moglie, durante il colpo alla Well’s Fargo.
La vendetta, come in Decision at Sundown (Decisione al tramonto) del 1957 e come per molti suoi western, è alla base dell’esistenza messa in scena da Boetticher nel West. Seven Men from Now è il primo capolavoro della triade Boetticher – Scott – Kennedy, è prodotto dalla Batjack dietro la quale si cela anche John Wayne. Il profondo e geniale André Bazin scriveva così in un articolo-saggio pubblicato sui Cahiers du Cinéma agosto-settembre 1957, n°74: “ La mia ammirazione per Seven Men from Now non mi farà concludere che Budd Boetticher sia il più grande regista di western – anche se non escludo questa ipotesi – ma solamente che il suo film è forse il miglior western che ho visto dopo la guerra. Solo il ricordo di L’Appat [titolo francese per The Naked Spur (Lo sperone nudo),1952 di Anthony Mann], e di La Prisonnière du Désert [titolo francese di The Searchers (Sentieri selvaggi), 1956 di John Ford] mi costringono a una specie di sospensione…”. Il testo di Bazin è un’approfondita analisi del mondo western attraverso lo stile e il metodo di Boetticher. Ogni persona interessata al cinema dovrebbe leggerlo e imparare.


Cosa rende questo film unico nel suo genere? Dapprima una messa in scena del quotidiano del West
differente dal solito. Poi il senso del viaggio e del non poter stare fermi. Certo le sparatorie. Gli sguardi
d’amore e di odio e di violenza inaudita, inaspettata e vigliacca (come l’uccisione di Clete-Donald Barry,
apparente amico di Masters-Lee Marvin, prima del duello finale). Il presentare, sorprendendoci, gli affamati Chiricahua, indiani senza più dimora e senza futuro. E quelle circostanze quasi circolari che portano il carro, guidato dalla coppia di sposi, i Greer, dall’East fino al paese di Flora Vista, dove il capo dei “sette assassini”, ricercati da Stride, Bodeen-John Larch, dopo un alterco altamente violento con Masters – che ha già capito tutto – spara alle spalle del giovane marito Greer, uccidendolo. E parte subito per il deserto delle Alabama Hills per trovare la cassetta coi 20 000 dollari e scontrarsi con Stride, che è rimasto là ferito in attesa della vendetta.
Vi sono nuovi elementi sorprendenti, realizzati con geometrie architettoniche innovative, come l’uso di
linee e piani ortogonali (specialmente nella cittadina di Flora Vista) e con una costante profondità di campo a fuoco su personaggi anche più vicini alla macchina da presa e su elementi paesaggistici in prospettiva. Inquadrature precise, lineari, profonde come incisioni inventate da Budd Boetticher, per riportarci nell’universo western e nel fantastico di una violenza maschile senza ragione, se non la vendetta
apocalittica di Ben Stride, un uomo non disposto a compromessi.

Seven Men from Now comincia in una notte di tregenda. Pioggia. Lampi. Tuoni. Con le note della canzone
che segue i titoli di testa. La circolarità del film di Boetticher parte da una sparatoria ellittica e terminerà
con un’altra sparatoria ellittica, il cui epicentro sarà Masters-Lee Marvin… Ellissi. Nella prima notte buia,
tempestosa e pregna di mistero dell’inizio compare una figura umana nell’oscurità. Entra in campo di spalle da destra e si allontana dalla macchina da presa, tra i cactus e il vuoto del deserto. Raggiunge una specie di rifugio all’aperto poco illuminato dove due uomini al riparo in un anfratto sono a riposo, seduti. Qui Budd Boetticher inserisce sul controcampo notturno eloquente e fantastico il volto di Randolph Scott scultoreo: un volto monolitico. Uno sguardo che scruta e che incute paura. Breve dialogo tra i tre. Si parla della rapina a Silver Spring e poi mentre la macchina da presa indugia sui movimenti dei due col caffè, ecco l’ellissi sulla sparatoria. Stacco sul buio e i due cavalli (perché Stride-Scott era appiedato, gli indiani Chiricahua per fame gli avevano rubato i suoi). Si sentono forte gli spari. La macchina da presa inquadra i cavalli che si spaventano. Ma noi spettatori non vediamo la sparatoria. Soltanto dopo la dissolvenza in nero, che chiude la prima sequenza, e l’apertura sull’apparizione del giorno assolato viene inquadrato Stride-Randolph Scott, solitario a cavallo, che si trascina dietro l’altro. Così capiamo come è andata a finire la sera prima.
Stride si accorge (in campo lungo) di un carro impantanato nel fango. Lo raggiunge. C’è una splendida
ripresa dall’alto su di lui di spalle e in profondità il carro. Poi i particolari. Piani ravvicinati di una coppia che tenta di trascinare le briglia legate ai cavalli. La donna cade nel fango. L’uomo l’aiuta a sollevarsi. Quindi in campo lungo il carro sulla sinistra e al centro più in profondità il cavaliere Stride sopraggiunge,
presentandosi. E così con poche parole Ben Stride con i suoi cavalli tira fuori il carro dal fango pericoloso.

Fin da questa sequenza si può comprendere come Boetticher ci presenti un West diverso. Non violento, in questa sequenza, ma giocato sul ritmo quotidiano dei pericoli che l’ignoranza di un uomo dell’East può trovare nelle “paludi” western. Questa parte ci immette in un’atmosfera bucolica e georgica, che mostra un universo inaspettato, dove il pericolo è insito anche nel percorso di un carro. E la donna ammira Stride fin da queste premesse risolutive. L’idea di far tuffare la donna completamente vestita nella melma fangosa da cui il carro non riesce a muoversi è fantastica, perché quotidiana e in una norma diversa. E subito dopo a presentare il bagno ristoratore nel laghetto contiguo… è interessante la scelta di Boetticher di non mostrare la donna ma farne sentire solamente la voce che canta un’armonia giocosa… e Ben Stride ascolta.
Splendidi attraversamenti di paesaggi con dissolvenze e con musica. Con il bagno e il lavaggio dei cavalli, la donna diviene figura centrale del film. Infatti vi è un primo dialogo dopo dieci minuti dall’inizio del film tra Annie Greer (Gail Russel) e Ben Stride, prima che lei faccia il bagno.
Si attraversa un corso d’acqua, Ben Stride in testa: meraviglioso avanzare in campi lunghi tra alberi e
fogliame. La musica. Il carro. Sentori lontani, bucolici. Dopo circa un quarto d’ora ecco comparire le figure di Masters-Lee Marvin e del suo amico Clete-Donald Barry, che entrano in campo in piano medio allargato di spalle a osservare, muniti di fucile, laggiù (in campo lunghissimo) lo strano convoglio. E Masters voltandosi dice al compagno: “Sono proprio diretti a Flora Vista”.
Nomi di paesi che sembrano dire tutto, oppure nulla. Soldati. Chiricahua affamati. E nuovi personaggi,
come sarà quello di Bodeen, il capo degli assassini. Pochi dialoghi ma essenziali, paesaggio mutevole pregnante per le azioni del film. Ritmo che va cambiando. Natura. Paesaggi. Dissolvenze incrociate. Dissolvenze in nero a chiudere definitivamente la sequenza.
Un film dove prevalgono gli esterni. Gli interni sono pochi: la casetta-rifugio dove il vecchio trapper alticcio se ne va; dove la signora Greer prepara da mangiare e ascolta le parole di Masters a proposito dello sceriffo Ben Stride; e l’interno verso il finale nel paese di Flora Vista. Un interno-aperto è quello del carro dei Greer dove nella notte tempestosa Masters inventa la storia che sposta gli equilibri, o meglio ne fa risaltare i legami fra Stride, Annie Greer e il marito. Altrove è sempre esterno totale del West secondo Boetticher. I boschi, il fango, il fiume, le colline, il deserto e le sue dune, le rocce delle Alabama Hills.
Due sono le figure femminili. La prima è un fantasma sempre presente, quello della moglie di Ben Stride-
Scott, uccisa durante la rapina dei sette uomini alla Well’s Fargo. L’altra è quella “reale” della bella moglie
diretta in California dall’East. È lei spesso il perno attorno al quale gira l’azione e si sviluppano i dialoghi
degli altri protagonisti maschi. Come la storia inventata volutamente nella notte sul carro da Masters-Lee
Marvin. Questa donna è la prima di una serie di protagoniste femminili che verranno presentate da

Boetticher nei quattro film già citati. Un elemento che mi colpisce è che questo tipo di donna chiede
sempre se qualcuno vuole il caffè.
Prima di arrivare alla sparatoria finale vorrei ricordare: il risveglio alla casetta-rifugio e la sorprendente
visita di sei Chiricahua fermi a cavallo (straordinaria sequenza). E poi la notte successiva, sotto una pioggia
incombente, dopo la provocazione di Masters alla signora Greer, a suo marito e a Ben Stride, l’ex sceriffo
caccia via con un pugno violento Masters. Stride all’aperto sotto il carro, la donna sopra all’interno mentre
il marito fa la guardia. I due non possono vedersi ma si ascoltano parlandosi Qui avviene un dialogo
stupendo e con un montaggio alternato tra primi piani e piani ravvicinati, Budd Boetticher presenta una
specie di intimità diversa ma sentita tra lei e l’uomo del West.
Rivedere la sparatoria finale. Stride si è liberato dai sette che lo cercavano per prendergli la cassetta coi
soldi. La sua ferita. Masters rimane solo contro Stride (perché vigliaccamente ha ucciso l’amico Clete). Il
tutto nella splendida e desertica piana dove sorgono le Alabama Hills. Masters con le due pistole e il senso di strafottenza e superiorità rispetto agli altri. Stride ferito che si appoggia come se fosse un bastone al fucile, mantenendo comunque una pistola. È lo scontro che già si preannunciava dalle azioni precedenti.
Chi è il più veloce pistolero? Chi ha ragione di vivere? Il fatto culminante nell’azione della sparatoria è che la sparatoria in sé, cioè il colpo tirato da Ben Stride – Scott avviene fuoricampo. Boetticher infatti ci mostra chi viene colpito, Masters-Lee Marvin, ma non ci mostra l’estrazione dell’arma e il colpo sparato. Ellissi messa in scena dall’autore. È una scelta stilistica fantastica da parte di Boetticher. Il suo minimalismo. Noi crediamo di aver visto la sparatoria, ma in realtà non è così. Masters, dopo aver ucciso vigliaccamente l’amico Clete, sotto le rocce tombali delle Alabama Hills, esce proprio all’aperto nella piana. E da questa inquadratura in campo lunghissimo, Budd Boetticher presenta Masters da solo, non compare per ora nessun altro. Lui è alla ricerca della cassetta con i soldi della Wells Fargo. Stride rimane nascosto.
Questa composizione spaziale formidabile: Masters, da solo fuori dagli anfratti rocciosi, proprio perché da il là a un susseguirsi di pausa, attesa per la ferocia della sparatoria. Lineare, geometrica, come sempre nel
cinema di Boetticher. Tutto può apparire minimalista sotto certi aspetti. Masters avanza verso la macchina
da presa in movimento che lo mantiene in campo lungo al centro. Senza stacchi al campo medio e poi alla figura intera. Si guarda attorno, tiene le mani larghe all’altezza delle pistole e avanza fino a un piano medio. Qui Boetticher opera lo stacco sulla cassetta a terra senza nessuno intorno (è ciò che vede Lee Marvin). Stacco ancora su Masters ora in primo piano allargato. Fuma e osserva intorno. Stacco: campo medio su Masters che ora si dirige verso la cassetta seguito dal movimento della macchina da presa verso sinistra. Stacco: primo piano di tre quarti di Masters. Stacco: ancora campo medio e sempre macchina da presa in movimento da destra verso sinistra. Masters cammina in avanti e la macchina da presa lo tiene in campo
muovendosi lateralmente verso sinistra. Stacco: ancora primo piano allargato di Masters – musica pacata –
Stacco: in campo medio, quasi figura intera Masters raggiunge la cassetta. Stacco: primo piano di tre
quarti… voce fuoricampo di Stride: “Hold on”. Gli grida. Stacco: come un fantasma, Stride esce da dietro
una roccia in campo medio-lungo appoggiato con la sinistra al fucile e avanza fino in figura intera
guardando dritto verso Masters che è fuoricampo. Stacco: figura intera allargata di Masters, fianco destro,
ripresa dal basso, che si pone come fosse di fronte a Stride. Stacco: eccoli insieme nello stesso spazio
dell’inquadratura – Masters di spalle in piano americano sulla destra, mentre in profondità sulla sinistra in
campo lungo Stride che parla – Stacco: Masters ripreso dal basso in figura intera.
Sono determinanti le posizioni scelte da Boetticher durante questo scontro. E la cassetta coi soldi diviene
epicentro per i movimenti dei personaggi. Della cassetta non si sa niente fino alle spiegazioni finali. E lo sa
soltanto il marito, imbrogliato da Bodeen e i suoi scagnozzi. È Ben Stride che conosce ogni dettaglio. E

molto anche il suo alter ego pavoneggiante Masters. È molto importante il montaggio costruito in questo
percorso verso sinistra, verso la cassetta, operato da Lee Marvin, perché Budd Boetticher monta sia la
figura intera allargata, sia il primo piano allargato, nel paesaggio, in modo da inventare una sensazione di
suspense e di tensione latente.
Precise e geometriche dissolvenze in nero che chiudono le sequenze più importanti (per esempio sulle notti incombenti). Seven Men from Now dimostra l’unicità del metodo di Boetticher: essenziale, semplice,
fantastico. Stride è un monolite che osserva. Masters un clown pericolosissimo. E il duello finale diventa
elemento d’azione oltre l’epica. L’esistenza del quotidiano del West è messa in scena con profonda
sapienza da Boetticher.
Forse è per questo che i suoi western alla lunga, con quelli di Mann, sono i più belli.

Francesco Ballo

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